Salute sul web, molti italiani si fidano delle prime informazioni che trovano. Arriva il decalogo anti-bufale

Quasi nove italiani su dieci consultano il web per ricerca informazioni sulla salute. Non tutti si fidano, ma ben il 44% ritiene che rivolgersi a “dottor Google” sia “poco o per nulla rischioso”. È quanto emerge da un sondaggio commissionato da Ibsa foundation for scientific research e presentato oggi a Roma in occasione del workshop “E-Health tra bufale e verità: le due facce della salute in rete”, promosso insieme a Cittadinanzattiva.
“L’enorme possibilità offerta dalla rete in tema di disponibilità di informazioni può trasformarsi in un pericolo se gli utenti non sono in grado di valutare l’affidabilità di quello che trovano – spiega Silvia Misiti, direttore della Ibsa foundation for scientific research – Questo è tanto più vero quanto più sono delicate le aree oggetto delle ricerche. La decisione di iniziare dalle associazioni di pazienti è scaturita dal fato che rappresentano un anello di congiunzione sempre più prezioso tra il mondo dei medici e la necessità dei pazienti che rappresentano”.
Incrociando i dati relativi alla frequenza dell’utilizzo del web nella ricerca di informazioni sulla salute e il grado di fiducia della rete stessa, emerge che gli intervistati della fascia di età 24-34 anni vedono nella rete un “supporto” ma sono più “diffidenti” rispetto ai 45-54enni. “Diffidenti a priori” (usano poco il web e lo percepiscono come fonte “ad alto rischio”) sono, invece, gli ultra 65enni. Notevoli anche le differenze rispetto al titolo di studio: a ricorrere alla rete in cerca di informazioni sulla salute è il 96% dei laureati contro il 24,5% di chi non è andato oltre la licenza elementare. Scarsa anche l’attenzione verso le fonti: il 44% si affida per abitudine ai primi risultati della pagina con una differenza rilevante tra i 18-24enni (55%) e gli ultra 65enni (22,7%).
“È soprattutto quando il cittadino è a caccia di informazioni sulla salute sul web, e questo accade sempre più spesso, che le nozioni di base diventano l’unica arma per difendersi da informazioni parziali o scorrette – spiega Antonio Gaudioso, segretario generale Cittadinanzattiva – ma quando parliamo di “health literacy” non ci riferiamo solo a questo: maggiori competenze significano anche un migliore rapporto tra medico e paziente. Un circolo virtuoso che spesso si traduce in una terapia più efficace e quindi una salute migliore. È una materia di cui in Italia si parla ancora troppo poco ma che ha e avrà una rilevanza sempre maggiore”.
Per imparare a difendersi dalle bufale in rete arriva anche il primo decalogo sulla “health literacy”. Tra i consigli, prestare massima attenzione alle fonti, privilegiando le pagine ufficiali di organizzazioni riconosciute e affidabili; fare attenzione a forum e blog, fonti “insidiose” che suscitano empatia ma non è detto abbiano affidabilità scientifica; controllare la data di pubblicazione dei contenuti che potrebbero non essere più attuali; non cercare solo conferme; fare attenzione all’effetto paura quando cerchiamo sul web sintomi (veri o presunti). E ancora: non vergognarsi di chiedere al medico di ripetere, se parla rapidamente o con termini troppo tecnici; farci accompagnare da qualcuno nelle visite più importanti; ripetere quello che si è capito rispetto alla patologia e al percorso di cura prima di congedarci dal medico; capire a cosa servono i farmaci che si prendono. Infine, diffidare dai siti che dicono come curarci ma confrontarsi con un professionista da cui ricevere informazioni e le cure adatte alla sua condizione.
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